La casa non è soltanto un bene economico che il mercato può ottenere in funzione del rapporto
domanda/offerta ma è la condizione sociale indispensabile per l’esercizio civile a sostegno di diritti fondamentali. Senza una dimora, senza una abitazione sicura e con adeguati a standards di abitabilità, diventa molto difficile esercitare il diritto alla salute, al lavoro, alla sicurezza, all’istruzione, allo sviluppo sociale e culturale. In sintesi la casa è un fattore primario di garanzia, di libertà e di dignità civile.
In una società evoluta non è accettabile che permanga una parte più o meno ampia di cittadini esclusi dal godimento di una abitazione di adeguati standards di vivibilità. In tutti i paesi sviluppati esistono meccanismi e politiche dedicate esclusivamente a garantire condizioni abitative coerenti e soddisfacenti a favore della popolazione particolarmente quella delle fasce più deboli. La casa tuttavia è anche un bene economico la cui fruizione da parte della popolazione è profondamente disequilibrata non solo e non tanto in termini quantitativi, ma anche in termini qualitativi (le fasce più deboli economicamente e socialmente vivono prevalentemente in periferie urbane drammaticamente carenti per qualità e quantità di servizi). Soprattutto evidenziamo i termini di onerosità e di incidenza del costo della casa sul reddito delle fasce di popolazione più debole e bisognosa.
In molti casi la spesa per abitare determina una inaccettabile compressione dei consumi primari
per l’alimentazione, per la salute per una vita sociale apprezzabile. In sintesi, in molti casi abitare significa vivere una lunga condizione di privazione. L’edilizia residenziale pubblica e sociale in generale, ha svolto dall’inizio del novecento fino al 1998 la grande funzione nell’assegnare alloggi alle famiglie più disagiate del paese, offrendo loro la condizione di accedere a tutti gli altri servizi prima citati.